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Aggiornamento: 2 ago


La settimana di SCARICO e PRE-GARA nel Trail Running: TAPERING

Lo scarico pre-gara è fondamentale per arrivare al massimo della forma al via.

Ogni tipo Trail ha le sue esigenze specifiche: trail CORTO (dai 10 ai 15 km), una distanza MEDIO-LUNGA (dai 17 ai 42 km) e un ULTRA (dai 43 km).

Il tapering, quello che una volta si chiamava scarico pre-gara, è sicuramente uno dei momenti più delicati per qualsiasi atleta di qualsiasi sport di resistenza.

Questa tecnica va utilizzata non solo in pre-gara, ma è fondamentale inserire fasi di scarico sistematici nella preparazione atletica. Utilizzando il Tapering nell'allenamento standard, garantisce la massima efficacia ed efficienza fisica e mentale, ottenendo risultati di performance sempre crescenti.

inoltre. è da tenere fortemente in considerazione l'efficacia che il Tapering ha nella prevenzione infortuni da carico di lavoro.

Nel pre-gara nascono tutti i dubbi sulla propria preparazione, si sente di non essersi allenati abbastanza, si ha paura di perdere la forma fisica e di riposarsi troppo, si vorrebbe trovare l’allenamento finale che possa far fare quel salto di qualità che manca, si vorrebbe testare la forma e avere conferme; o al contrario, si vuole riposare il più possibile per arrivare più freschi e motivati alla gara.

Diversi studi suggeriscono metodi per effettuare il miglior tapering, tanto che è universalmente riconosciuta l’importanza di diminuire gradualmente il volume, mantenendo però l’intensità. Ma, ovviamente, tutto dipende dal proprio livello atletico, dalla lunghezza della gara che si sta preparando, dal tipo di percorso, dalla durata in ore, da eventuali notti da passare sui sentieri, oltre all’importanza dell’obiettivo.


Ti propongo alcuni suggerimenti di tapering per trail CORTO, MEDIO-LUNGO e ULTRA.


Trail CORTO

Nel periodo di tapering per un trail breve è importante mantenere intensità anche negli ultimi 7-10 giorni di preparazione, eventualmente anche sfruttando una gara come ultimo test. Poi è necessario ridurre il volume, riposando, ma con un ultimo richiamo di intensità a 3 o 4 giorni dalla gara obiettivo.

Se dovesse essere il vostro primo approccio ad una gara di trail running e non siete molto allenati su ritmi intensi, sarà sufficiente ridurre il volume nei giorni precedenti, per poi godervi l’esperienza e scoprire qualcosa di nuovo.


Trail MEDIO-LUNGHI

Più si allunga la distanza di un trail, meno l’intensità sarà importante negli ultimi 7-10 giorni pre-gara, anche se qualche stimolo è sempre bene inserirlo. Se il livello atletico è buono, a una settimana dal via è possibile fare un ultimo giro tra i sentieri, ma senza esagerare, magari correndo qualche tratto a ritmo gara.

A 3-4 giorni dall’obiettivo si può inserire una corsa con variazioni veloci o brevi tratti a ritmo gara, ma evitando l'eccessivo affaticamento. Mantenere del leggero dislivello è utile per non perdere gli adattamenti muscolari per le discese.

Negli ultimi 2 giorni, quasi sempre è meglio dedicarsi a un giorno di riposo e a una breve corsetta, organizzandosi in base agli spostamenti e ai propri impegni.


ULTRATRAIL con corsa in notturna

Per le lunghissime distanze il riposo pre-gara è fondamentale, non solo per quel che riguarda più strettamente l’allenamento in sé, ma con un occhio di riguardo al recupero e alle ore di sonno.

L’ultimo “lungo” è meglio farlo non più tardi di 2 settimane dalla gara, seguito da un'uscita più breve a una settimana dalla gara. Può essere anche corso a ritmo intenso, ma senza strafare; il corpo non deve essere stressato.

È necessario cercare di riposarsi il più possibile, inserendo qualche uscita a ritmo blando e con qualche leggero dislivello, per non far perdere alle fibre muscolari la forza necessaria per le discese. Attenzione anche all’alimentazione, che dovrebbe essere più leggera e adeguata al ridotto consumo calorico degli allenamenti.

Riuscire ad arrivare ben rilassati e non consumati dall’attesa sarà la chiave per riuscire a terminare la gara con successo.



Prof. Enrico Olivieri

  • 👉Personal Trainer

  • 👉Preparatore Atletico

  • 👉Chinesiologo

  • 👉Fitness Manager

  • 👉Fitness Expert

  • 👉Fitness Presenter

  • 👉Ideatore STRIKEFIT.IT

  • 👉Co-Ideatore RUNPIU.IT

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Aggiornamento: 2 ago


Stretching, come farlo nel modo giusto e 10 falsi miti da sfatare

Dieci convinzioni sbagliate a proposito dell'allungamento muscolare per imparare a fare stretching nel modo più corretto


Stretching o non stretching, questo è il problema.

Usando una semi-citazione di Shakespeare, riassumiamo quello che è diventato uno dei più grandi dilemmi del runner.

Che siate a favore o contro o indecisi, qui di seguito dieci convinzioni sbagliate a proposito di allungamento muscolare, per fare chiarezza su un'attività comunque fondamentale anche per chi corre.


1. NON SERVE A NIENTE

Verissimo: non serve a niente... se non lo si pratica. Allenare l’estensibilità muscolare rappresenta un tipo di allenamento che può avere paradossalmente lo stesso effetto di un allenamento di forza. Questo perché la forza prodotta dalla contrazione muscolare è direttamente proporzionale, ci si perdoni il linguaggio "difficilotto", al numero di cross bridges attivati per accorciare la distanza tra sarcomeri muscolari, ossia le piccole unità della fibra composti principalmente da miosina e actina.

Se facciamo lavorare spesso i muscoli con lo stretching, dunque, faremo sì che partano da una distanza più vantaggiosa per attivare il numero di ponti (bridges) massimo possibile. Come ogni tipo di allenamento, il suo effetto è reversibile, dunque consigliamo di praticare lo stretching anche in una sessione dedicata, da una a tre volte alla settimana.


2. STRETCHING E' SINONIMO DI RISCALDAMENTO E/O DEFATICAMENTO

Falso, lo stretching può far parte di entrambe le fasi di allenamento, ma non va considerato alla stregua di esse. Il warmup, in italiano “attivazione”, ma ormai accettato come “riscaldamento” (termine che ne individua solo un aspetto), è quella routine di esercizi da eseguire prima di cominciare ad allenarsi o a gareggiare. Lo stretching può essere uno degli aspetti del warmup, in quanto contribuisce all’attivazione del processo di vascolarizzazione, nonché alla lubrificazione delle articolazione, ma non riesce a rendere i muscoli caldi a sufficienza per una normale attività, né pronti a sforzi pesanti.


3. NON IMPORTA LA POSTURA

Sbagliare gli esercizi di stretching è (forse) peggio che non farli. La postura è importantissima, tanto da determinarne l’efficacia e la buona riuscita, così come una buona esecuzione. Il corpo umano, oltre a ricercare ciò che lo fa star bene, rifugge ciò che lo fa star male. Dunque se un esercizio di allungamento provoca dolore, generalmente cerchiamo di compensare approfittando della generosità di altri distretti. Un esempio: se non riusciamo a toccare terra flettendo il busto in avanti, generalmente compensiamo con una postura sbagliata, piegando le ginocchia oppure incassando il collo nelle spalle. Occhi più esperti potranno notare ulteriori compensi con rotazione del bacino o della schiena.


4. SI PUO' FARE ANCHE IN FRETTA

Falso. Così come, iniziando a correre, c’è da “rompere il fiato”, lo stesso avviene, in maniera meno percepibile, anche per lo stretching. Il muscolo, specialmente se poco abituato al tipo di lavoro, ha bisogno di qualche minuto per potersi distendere a dovere. Per ridurre questo tempo può essere d’aiuto fare qualche esercizio propedeutico al rilassamento, come la respirazione addominale. Affrettare i tempi allungandosi bruscamente può portare a far lavorare un muscolo più di un altro, risentendo poi gli effetti sui successivi allenamenti o performance.


5. UTILE SOLO SE FA MALE

Se affrontato con le dovute attenzioni, lo stretching può anche rivelarsi un allenamento piacevole. È indubbio che richiederà tempo e buona applicazione per risultarlo appieno. Se proprio non riuscite ad avere “buone vibrazioni” dalla sessione, cercate di richiamare alla mente come il corpo si sente libero e sciolto nel post. Attenzione: lo stretching di tipo balistico, ossia la metodologia con cui si cerca di raggiungere il massimo allungamento per frazioni di secondo con l’aiuto di una spinta/rimbalzo, è da lasciare ad atleti evoluti di certi sport: il rischio di questo tipo di stretching è infatti che i fusi neuromuscolari comandino una contrazione riflessa per evitare lesioni, ottenendo così il risultato contrario a quello desiderato.


6. LA RESPIRAZIONE NON INFLUISCE

Falso, ma non troppo. Una perfetta gestione delle fasi di inspirazione e di espirazione contribuisce ad avere una postura migliore e dunque a potersi allungare in maniera ottimale. Durante l’espirazione si ha un tono vagale che contribuisce al massimo allungamento. Tuttavia, se si è in grado di gestire bene l’esercizio, sarà sufficiente respirare come viene naturale. È fondamentale evitare le apnee.


7. NO PRIMA DELLA GARA O DELL'ALLENAMENTO

Un’attenzione speciale, come allenatori e atleti, a usare lo stretching in questa fase, è quella del profilo di umore. Avendo effetto rilassante sia sui muscoli che sulla mente, lo stretching è ottimo per tutti i runner che “corrono con l’ansia”: contribuirà a riportarli in uno stato vigile ma senza soffrire la pressione della gara. Al contrario, è bene fare solo brevi esercizi di stretching quando l’atleta si presenta con poca motivazione. Meglio aspettare che si “ricarichi”.


8. OBBLIGATORIO SUBITO DOPO UNO SFORZO

No, dopo allenamenti o gare non è così necessario e talvolta neanche tanto benefico. Al termine di uno sforzo anche impegnativo non è detto che il muscolo sia necessariamente contratto. Anzi, a fine sessione è molto caldo, elastico e minimamente viscoso. Il movimento, comunque traumatico, della corsa crea microlesioni muscolari, per cui un allungamento, se brusco, aumenta il numero di miofibrille da “ricucire”, contribuendo solamente ad aumentare il tempo di recupero. Non è male, invece, fare stretching in una sessione dedicata.


9. STRETCHING DINAMICO O STATICO SONO SIMILI

In realtà tra i due tipi di stretching c’è un grandissimo divario. Al primo si riconosce di avere più sport-specificità ed essere, oltre che più divertente, anche un ottimo modo di cominciare il warm up atletico. Spezziamo tuttavia anche una lancia per il secondo: lo statico è lo stesso molto efficace anche perché di facile esecuzione. Negli ultimi anni la metodologia sportiva utilizza una forma intermedia di stretching: l’allungamento, statico, che viene potenziato dalla contrazione dei muscoli antagonisti a quelli che si stanno stirando.


10. SI PUO' FARE DAPPERTUTTO

Per sfatare questo cliché, immaginatevi nel mezzo di una calca a fine gara, magari con i vostri amici che devono tornare a casa velocemente, o con la pioggia incombente. Oppure, una volta tornati/e a casa, la vostra famiglia vuole riprendersi il tempo che avete dedicato a voi stessi. No, proprio non è il caso d’iniziare una sessione di stretching. E allora che fare? Sorridete e rimandate la sessione a più tardi nel pomeriggio o al giorno dopo. Nel frattempo il muscolo penserà ad autoripararsi, mentre voi vi dedicherete alla vostra vita. Mi raccomando, quando sarà il momento di stretchare, assicuratevi che nessuno vi interrompa per almeno venti minuti: avvisate chi vi sta intorno, silenziate il telefono, chiudete la porta (se al chiuso) e possibilmente accompagnate il tutto con una musica adeguata (chi ha detto che non si possa conciliare lo stretching con gli AC/DC?).



Prof. Enrico Olivieri

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Come ALLENARSI A CORRERE con il Sistema 1.2.3

Dividere la gara in tre segmenti distinti può farti diventare più veloce nel lungo periodo

Ci sono così tanti fattori che intervengono nell'allenamento, ma imparare ad avere il giusto ritmo per il giorno della gara può essere l'elemento più importante. Pensate ai runner d'élite: quando corrono, la gara vera e propria, di solito non inizia prima di aver percorso circa 2/3 di gara, dando tutto nell'ultimo 1/3.


Chiunque abbia mai corso vi metterà in guardia dal correre troppo velocemente (chi riesce a trattenersi alla linea di partenza?) o vi dirà che dovreste provare a correre il secondo tempo più velocemente del primo (molto più facile a dirsi che a farsi). Ma c'è un vero e proprio metodo per allenarsi al ritmo della gara: si chiama METODO 1.2.3.

L'approccio a questo Sistema richiede di dividere la gara in tre diverse sezioni: i primi chilometri, i secondi e i km finali. "Per parafrasare le grandi parole del Nike Run Coach Julia Lucas, corri i PRIMI CON LA TESTA, i SUCCESSIVI CON L'ALLENAMENTO e gli ULTIMI CON IL CUORE".

Andiamo un po' più nel dettaglio.


COME CORRERE I PRIMI KM CON LA TESTA

Correre i primi km con la testa significa essere intelligenti, avere pazienza e ascoltare il proprio allenatore. "Devi fare uno sforzo consapevole per trattenerti e correre i primi KM a un ritmo leggermente più lento di quello che sarebbe il tuo obiettivo".


È sicuramente difficile...c'è un carico di energia nervosa in ogni linea di partenza, ed è estremamente difficile non farsi travolgere dall'eccitazione o iniziare ad agitarsi per trovare il proprio spazio. Ma prendere la prima parte con calma significa anche dare al proprio corpo la possibilità di riscaldarsi e di adattarsi alla corsa che lo aspetterà, perché è probabile che tu sia rimasto in un recinto per un po' di tempo ad aspettare con ansia lo sparo.

"Con questo metodo si è strategicamente prudenti, per assicurarsi (o assicurarsi al meglio) di non iniziare troppo velocemente per poi morire lentamente".


COME CORRERE I SECONDI KM CON LE GAMBE

Correre i successivi km con le gambe è tutta una questione di fiducia nel proprio allenamento. "Lascia che il tuo corpo faccia ciò per cui è stato allenato"... "Questa fase è dove devi tenere il ritmo per il tempo-obiettivo come un metronomo. Ascolta il ritmo e sintonizzati". Conosci questo ritmo, ti sei allenato per questo.

A questo punto, le tue gambe dovrebbero sentirsi bene - dopo tutto, hai appena corso i primi km a un ritmo leggermente più lento di quello a cui ti sei allenato. Alza il piede dall'acceleratore fino a raggiungere un passo di crociera che corrisponde al tuo tempo-obiettivo, a cui il tuo corpo dovrebbe sentirsi abituato. "Mentalmente, ora devi correre 'solo' questo secondo step di km a questo ritmo. E' fantastico e qualsiasi trucco psicologico può essere d'aiuto a questo punto della gara".


COME CORRERE GLI ULTIMI KM CON IL CUORE

Correre gli ultimi km con il cuore dovrebbe essere sufficientemente chiaro: qui puoi strappare. "La tua forza non viene dal corpo ma dal tuo cuore - OK, e da quella voce profonda che ti chiede: 'Quanto lo vuoi?'".

Seguendo questo metodo, gli ultimi chilometri dovrebbero essere i tuoi più veloci. "Questo è il momento per salire di livello e iniziare a superare qualche carcassa - il che suona aggressivo, ma penso che non ci sia sensazione più bella di far fuori i runner uno ad uno negli ultimi chilometri" (ricordate, qualsiasi trucco psicologico può aiutare!). Se hai avuto pazienza (durante i primi chilometri) e hai seguito il piano (durante i successivi km), gli ultimi KM sono il momento in cui devi brillare.


COME ALLENARSI PER CORRERE UNA GARA 1.2.3

In primo luogo, potresti provare a correre frazioni a questi ritmi durante le lunghe corse settimanali, provare questo metodo in allenamento è un buon modo per preparare il proprio corpo per la giornata di gara. "Una volta al mese, dovresti allenarti per una lunga corsa che includa un certo numero di chilometri a passo gara". Per esempio: i primi 10km facili, gli ultimi km a passo gara. "Le lunghe corse dovrebbero sempre iniziare lentamente e poi progredire gradualmente". Questo insegnerà al tuo corpo ad allenare la pazienza, a trovare il ritmo gara e a finire forte.


Poi, aggiungete un po' di lavoro strategico sulla velocità. La maggior parte dei piani di allenamento per prevede uno o due giorni di lavori sulla velocità alla settimana. Suggerisco , ad esempio, di includere frazioni di 800 metri, dove si passa dai 400 metri di corsa a ritmo 10k, ai 400 metri corsi al ritmo dei 5k. "Quel drastico cambio di marcia ti aiuterà ad allenarti a far girare le gambe e a correre veloce con gambe stanche". E questo - sommato al cuore - è davvero tutto quello che ti serve per arrivare al traguardo




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