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Aggiornamento: 25 gen 2022


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Reverse diet è il nome di un sistema dietetico concepito per prevenire l'indesiderato e temuto recupero dei chili persi dopo aver intrapreso con successo una dieta ipocalorica dimagrante.

Piuttosto simile al reset metabolico sul piano concettuale, se abbinata ad allenamento specifico e ciclizzazione, anche la reverse diet può consentire di ottenere maggiori risultati nella ricomposizione corporea generale - aumentando la massa magra e garantendo una miglior efficacia delle future strategie di dimagrimento.

In questo articolo entreremo più nel dettaglio, cercando di sviluppare tutti gli aspetti teorici fondamentali della reverse diet, necessari alla comprensione dell'argomento.


Come Funziona

Come funziona la reverse diet?

La reverse diet altro non è che un progressivo e lento incremento delle calorie totali nella dieta, che si applica in seguito ad un periodo di taglio energetico finalizzato al dimagrimento, con l'obbiettivo di diminuire la tendenza al recupero adiposo.

Se associata ad un allenamento per lo sviluppo di forza, la reverse diet permette di recuperare la massa muscolare persa nella fase di dimagrimento e, quando abbinata ai crismi del reset metabolico, anche di crearne di nuova.

Inoltre, "rieducando" così l'organismo nella gestione di maggiori livelli energetici, esso risponderà molto più brillantemente ai tagli calorici successivi, facilitando l'ulteriore riduzione della massa grassa.

Partendo dalla fase ipocalorica, l'applicazione di reverse diet prevede aumenti periodici, più o meno distanziati (7-10 giorni) tra loro, di circa il 3% sulle calorie totali; questi dovrebbero essere composti soprattutto da carboidrati.

La distanza tra i vari step non è "fissa"; l'importante è che la body fat non aumenti oltre l'1% ad ogni incremento.

Non esiste nemmeno un limite massimo di applicazione. L'incremento può oltrepassare tranquillamente il precedente limite normocalorico; anzi, è un ottimo sistema per passare da una fase di taglio ad una di massa come avviene nel reset metabolico.

Al di là dei risultati estetici, una reverse diet ben riuscita aumenta la tolleranza a maggiori livelli energetici, spostando in avanti il "set point" fisiologico.

È tuttavia importante ricordare che:

  • un accumulo adiposo eccessivo renderà più lunga e difficile la successiva fase di "cutting";

  • l'eccesso calorico cronico ed un accumulo adiposo consistente possono ridurre la sensibilità insulinica (necessaria sia per dimagrire che per aumentare di massa muscolare).

Cosa avviene durante la reverse diet?

Il meccanismo che dovrebbe spiegare gli effetti della reverse diet non è chiaro. Possiamo dunque fare solo delle semplici ipotesi a riguardo.

Secondo alcuni, aumentare progressivamente le calorie determinerebbe un aumento del metabolismo basale. Questo tuttavia non può avvenire.

Ciò che verosimilmente potrebbe accadere è una "riduzione" dell'efficienza di liposintesi e di deposito, probabilmente dovuta a lievi ma progressivi adattamenti ormonali e metabolici che, da un lato privilegiano l'azione compartimentale dell'insulina sulla massa magra, dall'altro (forse) promuovono la dispersione sotto forma di calore dell'energia in eccesso.


Reset Metabolico

Cosa si intende per reset metabolico?

Il concetto di reset metabolico è affine a quello di reset diet, ma viene applicato esclusivamente in associazione all'allenamento, con finalità di aumento della massa muscolare e per massimizzare il dimagrimento successivo.

L'obbiettivo del reset metabolico è quello di raggiungere la massima quantità di glucidi che l'organismo può gestire in maniera vantaggiosa per la massa muscolare.

Rispetto alla reverse diet, che nasce per conservare al meglio i risultati ottenuti durante la dieta, il reset metabolico sembra dunque più specifico per l'aumento della massa muscolare nei bodybuilder e negli sportivi; oppure per ottimizzare i risultati di una futura dieta ipocalorica dimagrante.

Partendo da una base ipocalorica, il reset metabolico richiede:

  • un progressivo aumento dei carboidrati alimentari (approssimativamente 20-25 g per volta) a step settimanali o di dieci giorni, fino a oltrepassare il TDEE precedente;

  • un parallelo incremento dei parametri allenanti, per facilitare la gestione del surplus energetico.

La durata non è standard; varia a seconda del caso ma difficilmente dura meno di 10 settimane.

Va interrotto appena l'aumento di peso tende a sbilanciarsi sulla Fat Mass, momento in cui si instaurerà nuovamente la dieta ipocalorica dimagrante (per circa un mese, un mese e mezzo) - con l'obbiettivo principale di ripristinare la sensibilità insulinica.

Nota: rispetto alla revers diet, il reset metabolico ha senso solo se proseguito oltre la soglia normocalorica.

Ovviamente, tale metodo può essere applicato solo su soggetti metabolicamente sani e, al contrario, va evitato negli insulino-resistenti (o in qualunque forma di alterazione patologica nel metabolismo glucidico).


Come Applicarla

Come applicare la reverse diet?

Supponiamo che il soggetto in questione abbia un trascorso di diete dimagranti che hanno avuto un discreto successo, ma al termine delle quali è sempre conseguito il recupero dei chili persi in breve tempo.

Iniziamo col dire che qualsiasi strategia nutrizionale necessita di un presupposto basilare: conoscere il proprio fabbisogno calorico giornaliero (Total Daily Energy Expenditure o TDEE).

Il TDEE è costituito dalla somma di diversi fattori: metabolismo basale, attività dinamica specifica degli alimenti, attività fisica non sportiva, attività sportiva ecc.

A questo, dovremo togliere una quantità di calorie pari equivalente al 10% per ogni chilo che vorremmo perdere nelle 4 settimane a venire.

Calcoleremo poi la ripartizione nutrizionale dei macronutrienti energetici, senza dimenticare che:

  • in fase di taglio calorico aumenta il fabbisogno proteico;

  • la quantità di lipidi può essere mantenuta nei pressi del limite minimo di equilibrio nutrizionale;

  • il resto dell'energia può essere costituito da carboidrati;

  • è indispensabile garantire l'apporto di fibre, acqua, minerali e vitamine.

Sulla base di questi valori, costruiremo un menù da protrarre fino al dimagrimento desiderato.

Giunti all'obbiettivo, daremo il via alla nostra reverse diet.

Ogni settimana incrementeremo del 3% (stimato sulla dieta ipocalorica in corso) l'apporto calorico giornaliero, aumentando sostanzialmente i carboidrati, se necessario, in misura controllata anche i grassi (il calcolo è piuttosto complesso).

Non dimentichiamo di ridurre al tempo stesso le proteine. Queste, essendo state aumentate nella dieta ipocalorica, dovranno progressivamente rientrare nella norma (il coefficiente dipende soprattutto dal livello e dal tipo di attività fisica).

Fortunatamente 1 grammo di proteine apporta più o meno le stesse calorie di 1 grammo di carboidrati. Il che permette di "rimpiazzarle" qualche grammo per volta - oltre, ovviamente, al già menzionato incremento dei carboidrati.

Giunti al "presunto" set point, ovvero al fabbisogno normocalorico stimato prima della dieta dimagrante, si osserveranno i cambiamenti nella composizione corporea e nel peso. Se quest'ultimo continuasse a scendere, o se aumentasse solo la massa magra, si potrebbe continuare ad aumentare i carbo fino al punto critico (aumento della body fat).

A questo punto, per molti potrebbe essere conveniente proseguire lo schema rispettando i crismi del reset metabolico (continuando ad aumentare i carbo e il carico allenante fino ad una ragionevole sostenibilità, per poi instaurare un ulteriore taglio calorico).



Prof. Enrico Olivieri

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Aggiornamento: 25 gen 2022


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Il plank è considerato un ottimo esercizio di tonificazione total body. Quando, però, si tratta di potenziare il core, ridurre al minimo la lombalgia e massimizzare le prestazioni, è bene introdurre anche delle varianti rispetto al plank classico. In particolare, è molto indicato il bear plank, conosciuto anche come camminata dell'orso: un esercizio a corpo libero che si concentra sul rafforzamento dei muscoli che stabilizzano la colonna vertebrale.

Uno dei vantaggi del bear plank è che non richiede alcuna attrezzatura, anche se può essere utile avere un tappetino per un maggiore comfort. Sebbene si tratti di un esercizio relativamente sicuro, è bene consultare sempre il proprio medico prima di inserirlo nella propria routine di allenamento.


Muscoli coinvolti nell'allenamento

Il bear plank è una variante del classico plank che allena in maniera molto efficace il core, che include sia i muscoli addominali più profondi sia i muscoli presenti lungo la colonna vertebrale. Fanno parte di questo gruppo anche gli obliqui esterni e interni, che sono i muscoli che si trovano su entrambi i lati del busto e che collegano i fianchi e le costole. Si tratta di gruppi muscolari fondamentali. Infatti, molti di questi muscoli centrali impediscono alla colonna vertebrale di torcersi o piegarsi di lato in maniera innaturale durante i movimenti quotidiani e le attività sportive. Il bear plank e le sue varianti attivano anche l'addome trasversale, che corre orizzontalmente sotto gli obliqui e il retto dell'addome. Nel complesso, la ricerca mostra che il rafforzamento completo di questi muscoli centrali riduce i sintomi della lombalgia e il rischio di lesioni, oltre a migliorare le prestazioni atletiche.

Anche il plank nella sua versione base allena un elevato numero di muscoli.


Il bear plank e le sue varianti

Il bear plank è una variazione del classico plank, con livello da principiante a intermedio, che consente di aumentare o diminuire la difficoltà a seconda del proprio livello di forma fisica. Ecco l'esercizio base e alcune variazioni.


Bear plank standard

Il bear plank è adatto per la maggior parte delle persone sane, con un certo grado di allenamento. Si consiglia di praticarlo due-tre volte alla settimana, come parte della propria routine di fitness generale.

  • Mettersi a carponi, con le mani appoggiate a terra, in linea con le spalle, le ginocchia in linea con i fianchi, i piedi flessi e le dita dei piedi sul pavimento.

  • Spingere le mani nel terreno per attivare i muscoli delle spalle e del torace. Contrarre i glutei e piegare leggermente il coccige. Contrarre gli addominali facendo un respiro completo e spingere l'ombelico verso la colonna vertebrale.

  • A questo punto sollevare le ginocchia di circa 2,5 cm in modo che "galleggino" appena sopra il suolo. Tenere il mento e la esta in posizione neutra, con gli occhi fissi sul pavimento direttamente sotto la testa.

  • Inspirare ed espirare in modo controllato.

  • La parte inferiore e quelle centrale della schiena dovrebbero essere leggermente arrotondate. Evitare di inarcare la schiena o di far "cadere" lo stomaco verso il pavimento.

  • Mantenere questa posizione per almeno 20 secondi. Fare tre serie.

Trattenuta addominale (più facile)

Chi trova il bear plank troppo difficile, può iniziare con questo esercizio, che aiuta a costruire la forza necessaria per progredire. La più grande differenza in questa variante è che le ginocchia rimarranno a terra mentre si contraggono core e glutei.

  • Per eseguire l'esercizio, eseguire tutti i passaggi descritti nell'esercizio precedente, ma tenere le ginocchia a terra mentre si attivano addominali e glutei.

  • Anche tenuta e ripetizioni sono le stesse dell'esercizio precedente.

Questa variante è fra gli esercizi utili anche nel workout post parto.


Sollevamento alternato delle gambe (più difficile)

Una volta che ci si sente a proprio agio nell'eseguire il bear plank per tre serie da 60 secondi, si può passare al sollevamento delle gambe. Si tratta di un esercizio simile alla camminata dell'orso, che utilizza la stessa posizione di tenuta, tuttavia, si solleverà lentamente un piede alla volta. Anche in questo caso, si consiglia di eseguire il movimento due-tre volte alla settimana come parte della propria routine di fitness generale.

  • Per eseguire questa variante, posizionarsi esattamente come nel primo esercizio.

  • Una volta che si è in posizione fluttuante, sollevare lentamente il piede destro di 2,5 cm da terra per circa 1 secondo.

  • Riportare il piede a terra e ripetere sul lato sinistro.

  • Inspirare ed espirare in modo controllato mentre si eseguono i sollevamenti delle gambe. Cercare di mantenere una colonna vertebrale neutra ed evitare di inarcare la schiena o di far "cadere" lo stomaco verso il pavimento.

  • Eseguire tre serie di 10-20 sollevamenti delle gambe (5-10 su ciascun lato).

Piccoli calci (più difficile)

I piccoli calci abbinati alla camminata dell'orso sono una variante più avanzata rispetto ai sollevamenti alternati delle gambe. Questo esercizio dovrebbe essere eseguito solo una volta che si riesce a fare comodamente l'esercizio precedente. Si tratta di un modo eccellente per riscaldarsi dinamicamente prima dell'allenamento. È consigliabile effettuarlo due-tre volte alla settimana.

  • Per eseguire l'esercizio ripetere i primi passaggi del bear plank.

  • Una volta che si è in posizione fluttuante con le ginocchia alzate, sollevare il piede destro e abbassare l'anca destra verso il suolo, ruotando i fianchi verso sinistra.

  • Portare la gamba destra davanti al ginocchio sinistro nello spazio creato dalla rotazione. Quindi, calciare la gamba destra dritta.

  • Tornare alla posizione di partenza e ripetete sull'altro lato.

  • Eseguire 10–20 calci (5–10 su ciascun lato) per tre serie.



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Aggiornamento: 25 gen 2022


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Avere addominali tonici e un core forte e scolpito è un obiettivo complicato, praticamente impossibile da raggiungere con un solo esercizio. Ma per avvicinarsi alla meta è meglio concentrarsi sui plank o sui crunch? Sebbene entrambi gli esercizi siano validi, i più indicati per il rafforzamento del core sono i plank. I crunch, infatti, per quanto benefici sotto diversi punti di vista, potrebbero non essere così validi per allenare la fascia addominale profonda e potrebbero anche nascondere qualche insidia. Quindi, alla domanda "per potenziare il core bisogna eseguire plank o crunch?", la risposta è quasi sempre: molti plank in abbinamento a qualche crunch.


Meglio plank o crunch?

I crunch possono sì far "bruciare" gli addominali, ma non sono sempre così efficaci come potrebbe sembrare in apparenza. Infatti, coinvolgono solo una piccola parte dei numerosi muscoli che compongono il core. Isolano e fanno lavorare il retto addominale per aiutare a sviluppare risultati visibili, ma non allenano le fasce muscolari del core che sono fondamentali per la forza e la funzionalità della parte. Questo "isolamento" è ciò che rende gli addominali doloranti e affaticati dopo l'allenamento. Di per sè, l'affaticamento muscolare non è necessariamente una cosa negativa, ma può costringere il corpo a fare affidamento su altri muscoli per alimentare l'esercizio. Ecco perché, quando le persone cercano di costruire i loro addominali eseguendo solo crunch, spesso finiscono invece per allenare altre zone, come i flessori dell'anca, e non raggiungono i loro obiettivi principali.

Cosa ancora più problematica, i crunch, se eseguiti in modo improprio, possono aumentare il rischio di lesioni. Per esempio, spingere parte della colonna vertebrale contro il pavimento durante l'esecuzione potrebbe stressarla, causando dolore alla parte bassa della schiena. Questi movimenti possono anche comprimere la parte anteriore della colonna vertebrale, il che potrebbe portare a una maggiore pressione sui dischi intervertebrali. Il dolore al collo è un altro problema comune dei crunch. Infatti, dopo alcune serie, quando ci si inizia a stancare, o quando si è poco allenati, si potrebbero iniziare ad alzare la testa e il collo per completare il crunch, sforzando i muscoli cervicali. Fra l'altro, come avviene per le compensazioni dei flessori dell'anca, tirare il collo significa non usare gli addominali al massimo delle loro potenzialità. I crunch potrebbe peggiorare poi un'eventuale diastasi dei retti addominali.


Perché sono indicati i plank

Quanto detto non significa che i crunch siano dannosi o non servano a nulla. Vuol dire che la strategia migliore consiste nel diminuire le serie di crunch, integrandole con molte di plank. Abbinare pochi crunch a molti plank, infatti, rende l'allenamento addominale più sicuro ed efficace. A differenza dei crunch, i plank coinvolgono tutti i muscoli del core, mantenendo la colonna vertebrale in una posizione più sicura. Inoltre, coinvolgono anche le spalle, i dorsali (parte superiore della schiena), i quadricipiti e i glutei, per mantenere una linea retta dalla testa ai fianchi ai talloni. Ma come per i crunch, è essenziale eseguirli correttamente per ottenere il massimo dei benefici e ridurre lo stress sulla parte bassa della schiena.

Compiere i plank allena un elevato numero di muscoli.


Come eseguire correttamente i plank

Per ottenere benefici senza correre rischi è essenziale eseguire correttamente i plank. Ecco come fare.

  • Mettersi in ginocchio.

  • Apoggiare mani e avambracci a terra, davanti a sé. I gomiti sono direttamente sotto le spalle (le dita delle mani sono rivolte in avanti).

  • Allungare le gambe dietro di sè con le dita dei piedi piegate e appoggiate a terra.

  • Contrarre il core, i quadricipiti e i glutei e fare forza sulle dita dei piedi e gli avambracci per sollevare il corpo da terra. Tenere la schiena piatta e il corpo in linea retta dalla testa ai fianchi fino ai talloni.

  • All'inizio mantenere la posizione per 20-30 secondi e ripetere per 3 volte. Poi aumentare gradualmente tempi e serie.

Attenzione: spesso, si tende ad alzare i fianchi per compensare la debolezza degli addominali inferiori, stressando i flessori dell'anca. Per evitarlo, stringere forte i glutei insieme agli addominali. Cercare di appiattire l'arco della parte bassa della schiena e piegare il coccige.


Due varianti per allenare il core

Esistono molte varianti di plank. Per esempio, i principianti possono tenere le ginocchia appoggiate, mentre chi è già allenato può aggiungere un sollevamento della gamba. Esistono varianti anche per allenare meglio il core. Eccone un paio.

Plank con sollevamento Mettersi nella posizione classica di plank. Quindi, sollevare la gamba destra di qualche centimetro da terra. Mantenere la posizione per 20 secondi. Tornare a terra e ripetere dall'altro lato. Iniziare facendo 3 serie.

Plank laterale Stendersi su un fianco, appoggiandosi sull'avambraccio inferiore. Il gomito dovrebbe essere direttamente sotto la spalla per evitare di esercitare troppa pressione sull'articolazione. Le gambe dovrebbero essere distese in avanti, in linea con il busto, e i piedi uno sopra l'altro. Mantenendo i fianchi in linea con la schiena e le gambe, sollevarli da terra. Tracciare una linea retta dai talloni ai fianchi alla testa. Mantenere questa posizione il più a lungo possibile senza errori. Poi cambiare lato. Iniziare facendo 3 serie.



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